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Le mie origini sono riassunte nel simbolo del podere, che raccoglie i più profondi significati delle mie radici. Al centro del simbolo riposa la mandorla, il segreto della civiltà contadina di cui sono erede. La mandorla si forma grazie all’abbraccio di due circonferenze che si incontrano l’una nel centro dell’altra: da questo matrimonio nasce il focolare, il custode di antiche tradizioni.
Ho ricercato le mie origini, la storia della mia famiglia, trovando notizie certe a partire dalla fine del 1700.
In quel tempo venne alla luce il mio trisavolo, Pantaleone Forte. Pantaleone era un esponente della civiltà contadina, forgiata dal sudore, dalla fatica, dalla disciplina, dai ritmi nunziali tra uomo e natura, tra tradizione e cultura uniti alla grande passione per la terra e le creature animali. Da questi rituali, usi, costumi e dall’unione tra uomo e natura cresce e si sviluppa la memoria storica, la custodia del segreto, del fuoco che arde, che si espande e non si consuma.

In principio fu il logo: in questo modo sintetizzo la mia visione di agricoltore che risale, a mia memoria, fino al trisavolo Pantaleone Forte, contadino, custode del segreto della mandorla; Pantaleone divenne padre di Pasquale che diverrà il suo fedele successore, rispettando e arricchendo il lavoro fatto dai suoi avi. Pasquale lascerà, a sua volta, il testimone e la custodia valoriale a suo figlio, a cui è stato dato il nome del bisnonno Pantaleone.
Pantaleone, mio nonno, lascerà in eredità l’arte della coltivazione della terra e dell’allevamento delle creature animali a suo figlio Giuseppe, mio padre.
Mio padre è stato un grande agricoltore, animato da forza ed equilibrio, lavoratore instancabile, mosso e ispirato dalla passione e dalla tradizione appresi da suo padre Pantaleone. Fu il nuovo custode della memoria storica della mia famiglia.
Un giorno, la scintilla della freccia di Eros, colpisce Giuseppe e Giuseppina, che si uniscono in un solido matrimonio dando vita ad una nuova famiglia. Dal loro amore veniamo alla luce io e i miei fratelli.
Vivevo un’infanzia ricca, felice, fino al giorno in cui un’improvvisa condizione costringe la mia famiglia a prendere una dura decisione: lasciare la Calabria, i campi del podere di famiglia, per trasferirsi al nord Italia, in provincia di Como.
Un trasferimento silenzioso e allo stesso tempo doloroso, un distacco repentino dalle nostre radici. Nonostante ciò, i valori della mia famiglia non prevedono lamento ma includono il rimboccarsi le maniche, rinascere a nuova vita, come il mio nome, Pasquale, suggerisce.

L’incontro con il Podere Petrucci avvenne un giorno del 1997. Quel giorno misi piede in questo luogo, il primo passo mi fece vedere la meraviglia, il secondo la visione del divenire.
Quel giorno la mandorla non solo bussò alla porta del mio cuore, ma l’aprì. Il Podere Petrucci divenne la base per il mio ritorno alle radici, ristabilendo le fondamenta delle origini della mia famiglia. In onore alla mia tradizione ho dato, a questo luogo, il nome di Podere Forte.
Tuttavia, per me era importante mantenere viva la storia della famiglia Petrucci, una delle più importanti casate senesi tra il XV e il XVI secolo. Una famiglia che aveva dominato la scena politica di Siena, soprattutto per merito di Pandolfo, di Bartolomeo e di Giacoppo, detto il Magnifico.
Il rispetto che nutro per la località Petrucci e le sue origini, mi ha fatto scegliere di battezzare il vino principe del podere, dandogli il nome Petrucci.
In onore alla memoria di mio nonno, del mio trisavolo e di mio fratello, entrambi nominati Pantaleone, all’ingresso della cantina ho posato due Leoni alati, portatori del significato della custodia del fuoco, in similitudine al nome Pantaleone. Sono convinto che un uomo senza valori è un uomo senza radici, e non me ne dimentico ogni volta che inizio la giornata muovendo i primi passi decisi e delicati in questo ricco microcosmo.
Nel biotipo del podere ho scelto di lavorare la terra, di allevare con rispetto gli animali, seguendo sia protocolli biologici sia biodinamici…
Olio, grano antico, ortaggi, frutti sono fratelli del centro focale, il fuoco sacro di questo macrocosmo: il vino.
Il vino sta al centro del podere come il nostro impegno di proseguire la tradizione millenaria, di cui il vino è messaggero. La memoria dell’espansione e dell’unità culturale dei popoli. La vigna, in tanti testi antichi, è associata al simbolo del leone, fedele compagno del destino del suo viaggio che porta l’acino fino alla vendemmia. Momento sacro in cui si estrae il fuoco, l’energia del vino prima custodita nei segreti della vigna. Attraverso alcuni passaggi rituali si arriva alle botti di rovere e infine in bottiglia. Le bottiglie viaggeranno nel mondo e porteranno la memoria e il gusto di questo luogo. Pensando a questo destino del vino, sento prima la responsabilità poi una grande gioia. Il vino si beve per ricordare non per dimenticare.
La memoria del mio passato è diventata il mio presente, diventerà il futuro dei miei figli e delle generazioni a venire.
La memoria è sempre un germoglio di nuova vita nella successione perenne.

Pasquale Forte

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