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L’esaltazione del frutto.

Inizia la stagione 2012.
Vieni con noi in questo paesaggio per vivere l’assaggio di questo luogo della Val d’Orcia.
Precisamente siamo a Castiglione d’Orcia, ai piedi del nostro guardiano, la Rocca Tintinnano, dove preside la località podere Petrucci.
La campagna d’inverno coltiva nel suo grembo i semi della vite che iniziano il cammino attraverso le stagioni, fino a diventare frutto.
L’inverno passa in compagnia di precipitazioni fertili, presagio di un’ottima gestazione.

Si sente il sibilo del vento e le ultime foglie cadono lasciando un manto giallo, rosso di quella tonalità “anticata”, che solo l’inverno sa donare.
Il bosco, vicino al podere, è pronto al riposo, al suo letargo apparente, che ai nostri occhi giunge con la sua immobilità calma e saggia.

Passeggiando siamo avvolti da numerosi cristalli luminosi, sparsi qua e là, che proiettano un seducente film colorato d’azzurro, bianco, grigio e violetto.
Quando la pioggia si ristora emergono i bastoni spogli della vite.
Sembrano inginocchiarsi restando in piedi e ci lasciano intuire la forza dell’energia che, nel profondo di madre terra, sta preparando la fecondità della vita.

La porta del solstizio d’inverno si apre, invita il sole all’inizio del mutevole ruotare della natura e della sua luce.
Si vede già il lampo della follia del sole, che in questa annata reciterà la parte del grande protagonista sul palco del nostro teatro delle vigne melo, anfiteatro, orniello, ciliegio e via con le altre vigne.
La pioggia “insistendo sale”, fino alle porte dell’equinozio di primavera, lo fa con buone maniere e la delicatezza di una carezza.
La primavera 2012 è come un soffio di freschezza che frizza nella bellezza della fioritura, che schiude la fecondità invernale.
I fiori distillano i profumi che saranno il bouquet del vino.

E’ un piacere godere questo clima, anche se restiamo attenti e vigili, memori del monito di Niccolò Machiavelli: “E’ comune difetto degli uomini nella bonaccia, non far conto della tempesta”.
A metà maggio il clima si capovolge drasticamente, aprendo, con largo anticipo, l’ingresso alla stagione calda.
Il calore è intenso e diventa l’agente che prosciuga il terreno che mano a mano si fa più arido del solito.
I raggi del sole penetrano la terra e filtrano tra le foglie dei vigneti con il linguaggio della siccità.
Il clima non ne vuole sapere di allentare la morsa di calore e procede senza sosta fino all’ultimo giorno di agosto.
Un periodo in cui le temperature sono arrivate spesso a 33 gradi, con picchi anche di 35.

La buona novella è che la notte a volte porta consiglio, mentre in questo caso porta il fresco ristoro.
Infatti per quasi tutto il periodo gli sbalzi termici notturni erano ideali, garantendo alle piante l’indispensabile riposo e la naturale idratazione, amici del sollievo dall’arsura delle giornate vissute sotto il ruggito del sol leone.

Nel nostro manifesto etico ricordiamo sempre che non c’è esperienza utile senza viverla con umiltà e sappiamo che la natura e suoi processi sono connessi tra loro da legami invisibili.
Ogni avvenimento va osservato per il suo fine e non per il suo mezzo.
Al di là degli aspetti della vinosofia, l’intenzione che riveste di forma le nostre azioni, ci vediamo costretti a rilevare l’esito delle condizioni climatiche a cui i vigneti sono stati sottoposti.
Non è facile vedere e accettare il calo ulteriore dei carichi d’uva per ogni pianta.
Il valore è oltre il 25% in meno rispetto alle annate precedenti.
Il dato di quest’anno è di 0,7-1,0 Kg per ceppo rispetto alla media delle annate precedenti in cui la bilancia registrava un peso di 1,2 kg per ceppo.
Questo rapporto avviene tra 1 kg di uva e la superficie fogliare esposta.
L’optimum sarebbe 1/1.
Semplicemente significa che, per garantire la qualità produttiva, bisogna che per ogni kg di uva prodotto ci sia un metro quadro
di superficie fogliare esposta.

L’annata cambia dopo fine agosto grazie ad un impetuoso temporale estivo, uno di quelli che si fa sentire nel suo fragore, generato dalle stilettate di luce visibili in cielo.
Fa rumore e dura poco, però porta una ventata di fresco sollievo per il corpo e la mente di tutti noi ma anche di tutte le vigne che si rinfrescano e respirano, dando l’idea di resurrezione della vita.

Guardare le vigne che danzano immobili e grate di questo dono del cielo, giunto come l’uscita dal purgatorio; e il pensiero va incontro al passo del sommo poeta Dante Alighieri
“Guarda il calor del sol che si fa vino, giunto al’omor che della vite cola.”
(“Purgatorio”, XXV 77-78)

Eravamo vicini ad una vendemmia pronta con largo anticipo.
Fortunatamente, però, arriva in soccorso la mano della natura con una cura di gocce d’acqua dosate e calibrate, che perdura per tutto il mese di settembre.
Un mese eccezionale, caratterizzato da vivaci eventi piovosi che, seppur brevi, si ripetono con intervalli regolari ogni dieci giorni.

Il risultato è stato davvero straordinario, permettendoci di vendemmiare, raccoglier l’uva in linea con gli anni precedenti.
Il 6 ottobre teniamo nelle nostre mani i grappoli d’uva e con gioia notiamo l’esaltazione del frutto che si presenta sano, perfettamente maturo e concentrato.

Un frutto rispettoso della nostra tradizione: il preludio per una mescita di alta qualità.

Il rosso quest’anno forgerà il vino di una speciale tintura, quella che scalda l’animo.

Concludiamo questa annata, che ci ha donato una fioritura dal biancore integrale, con le parole dello scienziato toscano Galileo Galilei.

“Altro il vino non è se non la luce del sole mescolata con l’umido della vite”.

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