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L’eleganza dell’uva

L’inverno è mite e dà tepore alla vite.
Sovente ricordiamo il ritornello della Canzona di Bacco, composta dalla medicea mano del Magnifico: «Chi vuol esser lieto, sia, di doman non c’è certezza».

La natura, al pari del miglior maestro d’orchestra, dà il là a un inverno avido e assetato di pioggia, spesso foriero del potenziale indebolimento estivo della vigna.
Seguivamo, attoniti e affascinati, questo aspetto della personalità del clima mite e avaro di pioggia, al fine di comprendere quali cure prestare per il benessere delle vigne.
«Come si sarebbe risvegliata, in primavera, la vita delle viti?».
La natura, come dio, non gioca a dadi: la mezza stagione giunge precoce, portando con sé il costume dell’umidità.
La terra dei vitigni prova subito il sollievo portato dal vapore acqueo primaverile, agente che permette la regolare evoluzione delle piante.
Tra le Idi di marzo e di aprile al podere si insinua un nuova ondata di freddo.
Un calo deciso delle temperature e la pioggia, da avida, diviene impavida e irregolare.
Il ritmo sincopato delle impetuose gocce d’acqua si prolunga fino a fine maggio arricchendo le riserve idriche per l’estate.

La primavera, estrosa e capricciosa, cede il passo al sole estivo che, senza indugio, e assiso sul trono della corte Forte, accende l’estate in tutta la sua beltà.
Giugno si mostra nella sua eleganza, indossa i suoi colori caldi, celebra e solfeggia un suono vivace, quello del canto arso che vuol bere.

Le temperature sono regolari, senza picchi di rilievo, a favore della vita dei vigneti che iniziano a vestire l’abito migliore.
«Di domani non c’è certezza» è il ritornello di questa annata, nella sua fascinosa e poetica apparente precarietà.
Infatti, all’improvviso, si registrano cali importanti e bruschi delle temperature fino a segnare un significativo meno 15 gradi rispetto alle medie stagionali.
Inoltre, la pioggia risale in cattedra in compagnia di venti freddi, che penetrano tumultuosi nel silente microcosmo colorato dei vigneti.

La vite, già vestita per la festa nuziale della vendemmia, è costretta a correre ai ripari, proteggersi, indossando idealmente una calda e morbida coperta in attesa del tempo più mite.
Questo fenomeno metereologico rende tardiva la maturazione dell’uva al punto di protrarla oltre ogni previsione.
A settembre scende un freddo improvviso.
La fortunata posizione del podere, tuttavia, trova un alleato.
Il vento di Tramontana diventa il vero attore protagonista della vendemmia 2008: ancor meglio di quanto farebbe un sarto, prende le giuste misure per rivestire di vigore e stile tutti i vigneti del podere.
Il vento alita il suo soffio allungando il tempo di maturazione, dona benessere e salute ad ogni grappolo d’uva, accarezzandone i graspi e gli acini con il suo tocco boreale.
L’uva si fa bella.
Ottobre ci accoglie con uno splendido ritorno del caldo sole, che innalza i cuori e la temperatura, fino ad oltre 24 gradi.
E’ il giusto tepore che trova l’accordo per portare il frutto di sua altezza Vitis vinifera a vera maturazione.
I filari appaiono come una sfilata elegante, composta, ordinata, ricca della brezza del vento di tramontana, l’ebrezza di colei che non si annebbia ma si svela.
A ottobre, nella terza settimana, i vigneti sono pronti per la raccolta.

I grappoli, accolti nelle fresche ceste, sfilano verso la cantina.
L’annata si chiude.
Già si odon le parole lette, e scritte nella mnemonica poesia a breve recitata, recanti in loro i profumi di vita, raccolti nella bottiglia che verrà. Il vino è cielo nel calice della nostra vita, figlio del rito del tempo e del lavoro dell’uomo.

2008, L’eleganza dell’uva

«Quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia!
Chi vuol essere lieto, sia, di doman non c’è certezza».

Ritornello tratto dalla Canzona di Bacco, composta da Lorenzo il Magnifico indicativamente nel 1490.

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